Nostos. È tempo di tornare

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Nostos. È tempo di tornare

Nostos. È tempo di tornare

Un progetto condiviso a cura di Maria Laura Bonifazi e Giulia Giglio 

dal 7 ottobre al 6 novembre 2021

 

OPENING in occasione di START 2021 la notte bianca delle gallerie genovesi: giovedì 7 ottobre dalle ore 18:00 fino alle 24:00

 

In occasione dell’evento START, che coinvolge le gallerie del centro genovese, la Galleria Lazzaro presenta Nostos. È tempo di tornare. L’espressione di un progetto in divenire, condiviso e partecipato, maturato nei mesi grazie al dialogo collettivo tra curatori e artisti. La mostra vede il coinvolgimento di 17 artisti – Gaia Bellini, Beatrice Caruso, Grazia Inserillo, Matteo Lucca, Arianna Maestrale, Silvia Mazzella, Maurizio Melis Roman, Giulia Nelli, Anna Oberto, Paolo Lorenzo Parisi, Giulia Pellegrini, Lorenzo Ramos, Giovanni Ronzoni, Sonia Scaccabarozzi, Rebecca Sforzani, Francesca Traverso e Livia Ugolini – che attraverso un percorso di scambio e dibattito, prevalentemente virtuale, hanno analizzato e interiorizzato il tema del viaggio di ritorno. Un espediente per indagare e metabolizzare il mondo contemporaneo post-pandemico.

Nostos [gr. Νόστος], ritorno, è un termine greco dalla forte valenza evocativa. Un’espressione in grado di riportare alla mente immagini di figure eroiche intente al superamento di prove e tentazioni, di viaggiatori spinti dal desiderio di tornare, di sentimenti malinconici, di storie di mare, di miraggi, memorie e affetti. Un itinerario in cui la dimensione temporale si incrocia con quella mnemonica, il muoversi nello spazio si emulsiona al flusso dei ricordi, le strade fisiche si mescolano ai percorsi della propria coscienza. Tornano alla mente le tracce della tradizione e delle origini, che assumendo caratteri inediti si fondono al pensiero corrente. Lo scorrere delle ore appare dilatato, quasi cristallizzato a cogliere i cambiamenti, i dettagli, in contrasto con la frenesia del moto. Una messa a fuoco lenta e costantemente mutabile.

Così come nella nostra dimensione attuale, mutevole e immobile al tempo stesso, dove l’impossibilità del movimento libero, del viaggio geografico, ci ha costretti a restare ancorati a una zattera personale di

sopravvivenza o a un’immersione di fondali inesplorati. Così il progetto Nostos nasce proprio dal desiderio di sentire e comprendere questo tempo e di registrarne le sfumature più sottili, attraverso la condivisione di ciò che abbiamo potuto elaborare individualmente durante questo viaggio verticale. Un’indagine attraverso il “sentire da artista”, per riprendere in mano lo spazio e ricominciare a disegnarlo.

Il percorso parte proprio dalla casa, dall’ambiente domestico, a lungo vissuto, interiorizzato e in alcuni casi rifiutato: “un nido che diventa nodo”, un ambiente ovattato e sordo in cui la strada del ritorno assume la dimensione dell’ascolto nei tessuti di Livia Ugolini. Ci trasporta in una sfera personale e intima, fatta di rammendi, tracce del quotidiano e colori tenui, quasi evanescenti, di Maurizio Melis Roman o materiali apparentemente contrastanti e freddi che esprimono, nella produzione di Sonia Scaccabarozzi, forza vitale e potenza affettiva. Manipolazioni della materia che attraverso gesti rituali conducono a elaborazioni di bisogni primordiali, sino all’auto-determinazione: Silvia Mazzella ci introduce così alla volontà/necessità di lasciare il luogo familiare per giungere a una nuova fase di sé.

Una ricerca che conduce alla riscoperta delle radici più profonde: un movimento circolare, circoscritto che scende in profondità fino a ritrovare il contatto più intenso con la terra, con la sua essenza e il senso di accoglienza. Così Matteo Lucca la indaga nella sua dimensione più materiale e fisica, mentre Francesca Traverso ne rivela una forma eterea, sospesa e fiabesca. Un’indagine sulla circolarità del tempo naturale, e sulla capacità e incapacità umana di comprenderlo. Mostrandone infine, con il lavoro di Giulia Nelli, tutta la fragilità, l’impermanenza e, al tempo stesso, la resilienza.

In antitesi alla terraferma il mare, a simboleggiare il viaggio con i suoi caratteri di speranza, rischio e imprevedibilità. Un ingrediente assente negli scatti in triplice esposizione di Gaia Bellini che rivelano sia il lato effimero del vagabondare che al tempo stesso il senso di asfissia e spaesamento dato dalla mancanza dell’acqua, l’elemento naturale che più di ogni altro simboleggia la vita. Un aspetto che l’animo nomade di Giovanni Ronzoni ritrova nel luogo di contatto e incontro tra i due ambienti: la battigia. Il suo lavoro di ritrovamento e risignificazione dialoga così con il gesto calligrafico di Anna Oberto, spingendoci verso l’ignoto del peregrinare. Un’esplorazione che assume forme stratificate e nebulose nelle “mappe” di Beatrice Caruso, “strumenti cognitivi” che indagano il reale. Un reale che assume nuovamente i caratteri del rito, dell’eco della tradizione e delle radici ancestrali nella trama eterea di Grazia Inserillo. Conducendo così a un viaggio nella memoria anziché fisico.

Analogamente il ricordo traghetta Lorenzo Ramos all’infanzia, conducendolo a mostrarci, attraverso l’espediente del gioco, vissuti e attitudini della storia umana. Mentre Giulia Pellegrini con il ritorno all’utero primordiale ci conduce a ripercorrere i nostri passi in una dimensione sensoriale, profonda e intensa.

In antitesi il percorso di Rebecca Sforzani assume valenze di partecipazione e condivisione. Una presa di coscienza e di posizione, la costruzione di una casa collettivamente abitabile. Un lavoro dal carattere politico, in quanto connesso con la dimensione pubblica, che ritroviamo anche nelle immagini dai toni psichedelici di Paolo Lorenzo Parisi e del suo eternauta: un messaggero in cerca di ascolto in giro per il mondo. Un peregrinare a tratti utopico e disincantato come quello dei cosmonauti perduti di Arianna Maestrale, silenziosi e smaterializzati, viaggiatori senza ritorno.

Un’esposizione, un’esplorazione o più semplicemente un dialogo tra artisti che rivelano le differenti sfaccettature del vivere nel mondo contemporaneo, oltrepassando la dimensione virtuale degli schermi attraverso cui abbiamo parlato, brindato e danzato. Una mostra che rivela la forza e la fragilità del reale, la dimensione introspettiva e umana, collettiva e politica, la matericità del mondo che ci circonda e la dissolvenza delle costruzioni della mente.

Nostos. È tempo di tornare

a cura di Maria Laura Bonifazi e Giulia Giglio

Artisti

Gaia Bellini, Beatrice Caruso, Grazia Inserillo, Matteo Lucca, Arianna Maestrale, Silvia Mazzella, Maurizio Melis Roman, Giulia Nelli, Anna Oberto, Paolo Lorenzo Parisi, Giulia Pellegrini, Lorenzo Ramos, Giovanni Ronzoni, Sonia Scaccabarozzi, Rebecca Sforzani, Francesca Traverso e Livia Ugolini.

Lazzaro Galleria d’Arte Contemporanea

Piazza San Matteo, 17 Salita all’Arcivescovato, 5r 16123 Genova

Date e orari

7 ottobre – 5 novembre 2021

dal martedì al sabato, orario 15:00 | 23:00

OPENING: 7 ottobre, orario 18:00 | 24:00

Durante tutta la serata di apertura saranno presentati 3 diversi live set nei diversi livelli della galleria con Kløy Nøn, Stefano Bertoli e Maurizio Mongiovì

In occasione dei Rolly Days la galleria sarà aperta anche domenica 10 ottobre con orario 15:00 | 21:00

Info

info@lazzarogallery.it 

www.lazzarogallery.it

t. 010 2364504 | m. 339 1942802

 


GAIA BELLINI 

(1996) Nasce a Bardolino, sul lago di Garda. Dopo un’esperienza in Sud America e il diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia approfondisce la propria ricerca artistica sulle piante tintorie e la stampa vegetale, giungendo a una sintesi poetica con le Sindoni vegetali: narrazioni naturali legate al concetto di tempo, di impermanenza e cambiamento. 
Partecipa a numerose collettive in Italia, tra cui Live Museum Live Change ai Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali di Roma (2020) e La Biennale di Fiber Art a Spoleto (2020) ed espone una personale al Museo civico di Crema e del Cremasco (2020). Le sue opere fanno parte della collezione del MUST – Museo del Territorio Vimercatese e di collezioni private in Italia e Germania. 

DESOLATA

Il tema del viaggio appare centrale nell’opera di Gaia Bellini: uno spostamento potenziale ma apparente, che lascia il posto a un senso di immobilità. Il racconto di una sinfonia ferma, vuota e senz’aria che attraverso l’uso dei colori insaturi e complementari della desolata mostra il lato solitario e intimo del viaggiatore. Immagini sospese tra la terra e il cielo a inglobare uno spazio antropocentrico assente. La doppia e tripla esposizione degli scatti rivela l’aspetto effimero del peregrinare, ricollegandosi ai lavori di velature dell’artista, in cui il tempo rende tutto fugace e temporaneo. Così come l’assenza dell’acqua, simbolo di vita, palesa uno stato di asfissia e la necessità del ritorno.

 

MATTEO LUCCA

(1980) Nasce a Forlì e si diploma in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua ricerca deriva da riflessioni sul concetto di condivisione, maternità, connessione con la terra e nutrimento. Il corpo umano diviene il fulcro della sua produzione, sia come soggetto che come strumento performativo. In particolare nell’uso del pane come medium che assumendo forma umana diventa veicolo di significati. 
Realizza la sua prima personale alla Manifattura delle Marinate di Comacchio (2012) a cui ne seguono altre, tra cui Aish al Museo MIAB – Museo Iconografico d’Arte Bizzantina di San Cassiano (LE – 2018). Partecipa a numerose collettive in Italia, a Düsseldorf e Berlino (D). Nel 2019 ha ricevuto il 61° Premio MIC di Faenza.  

NOSTOS

Il lavoro di Matteo Lucca nasce da una riflessione profonda sul tempo e la sua circolarità e si sofferma in particolare sul rito, come gesto che si ripete sia nel momento che nello spazio. Un movimento che lascia tracce e che inevitabilmente trasforma la materia, la quale diviene manifestazione della memoria e testimone plastico di significato. Un’esperienza che, a volte anche in modo inconsapevole, viene realizzata quotidianamente attraverso la semplice routine che consuma gli oggetti utilizzati. Così la ricerca si focalizza sulla circolarità del rito, sulla sua espansione e sulla materia che si trasforma. Un lavoro sviluppato fino a comprenderne l’essenza, un viaggio di ritorno a un’origine profonda dell’autore stesso. Una “preghiera”, un rituale, che conduce in una dimensione originaria e materna.

MAURIZIO MELIS ROMAN

(1957) Nasce a Santiago del Cile. Figlio d’arte, inizia la formazione artistica in Cile con il padre Amerigo. Trasferitosi in Italia nel 1975, approfondisce gli studi di pittura con Renata Soro e comincia a esporre. Nella sua produzione possiamo riconoscere un’appropriazione del segno arcaico, come mezzo per l’avvicinamento a mondi primordiali e la loro evocazione. Utilizza tecniche miste – dal collage, alla scultura, all’assemblaggio di elementi naturali e recuperati, all’uso dell’ocra e della terra – dando vita a universi cellulari o mundos. Partecipa a numerose collettive in Italia e negli Stati Uniti, sia in sedi Istituzionali che Gallerie. Nel 2003 ha esposto al Parlamento Europeo a Roma. Nel 2012 ha realizzato la personale Imago Mundi a Palazzo Zenobio a Venezia.

NO TENGO PATRIA, NO TENGO PAISAJE, NO TENGO LUGAR

Con semplicità e cura, Maurizio Melis Roman ha calato la propria esperienza nell’evento inaspettato che entra nelle forme della vita di ognuno modificando radicalmente paesaggio, ritmi, priorità. La meditazione che elimina il rumore, il silenzio che entra nella tela attraverso trasparenze, l’uso del bianco, garze, rammendi, recuperi, suture, come in una danza ancestrale, tracciano il passaggio dal dolore alla guarigione. Mappature delle storie personali dense di luoghi e carte, in cui risuona la libertà di ricucire le proprie geografie. Il coprifuoco delle città spaventate, svuotate, irreali durante la pandemia ripristina nella mente i ricordi del colpo di stato in Cile nel 1973. Approdato in Italia giovanissimo fuggendo dalla dittatura di Pinochet, da allora svolge il suo racconto simbolico intorno al luogo che per ciascuno è riferimento e punto di partenza, l’unico in cui sia possibile stabilire un incontro. Un invito a tornare a casa davvero, a tornare al cuore.

PAOLO LORENZO PARISI

(1956) Vive e lavora a Genova. Autodidatta, frequenta negli anni ‘90 i punti di ritrovo artistici liguri: saranno determinanti l’incontro con Milena Milani, l’esperienza con Rosa Leonardi e Bruna Solinas e le numerose partecipazioni alla Galleria Studio 44. La sua necessità espressiva prende spazio nel campo della pittura e dell’arte concettuale. Attraverso l’uso del ready made, dell’assemblaggio e della manipolazione digitale realizza opere dal forte intento critico e ironico, spesso di denuncia. Tra le numerose personali e collettive in Cina, Italia, Inghilterra, Spagna, Svizzera e negli Stati Uniti emergono Fuori cornice al Museo Diocesano di Genova (2012), la Biennale Italia-Cina a Beijing (2014) e la duplice partecipazione alla Biennale Arte Dolomiti (2016-2018).

WELCOME _ NEVER WALK ALONE

Attento alla realtà storica e politica mediata dalla propria sensibilità e ironia, spesso ostica e dissacrante, Paolo Lorenzo Parisi interviene con due progetti. Un’installazione sonora, realizzata con Maurizio Mongiovì, che ispirata ai cori degli stadi si focalizza sulll’assenza del pubblico nel luogo principe dell’aggregazione sportiva: il silenzio vissuto come privazione della libertà di seguire le proprie passioni. Welcome, invece è una manipolazione fotografica in 9 stazioni che si ispira a L’Eternauta, fumetto dell’ autore argentino desaparecido Hector Oesterheld. Il medium è un espediente per risvegliare le coscienze “dall’invasione” dei regimi militari: combatte per la libertà da un virus pandemico, che si manifesta in forma di neve, indossando un casco che ricorda le maschere dei respiratori. Parisi, critico e impavido nel giocare sul filo del lecito, affronta in maniera mimetica e spinosa il fenomeno della migrazione che durante il virus non si è mai interrotto.

 

GIOVANNI RONZONI

(1952) Nasce a Lissone, dove vive e lavora. Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano e nel 1980 fonda il suo ATELIER di architettura – divenuto Studio Ronzoni nel 1997. Artista poliedrico, nomade e viaggiatore, delinea la propria espressione artistica con medium differenti: pittura, scultura, fotografia, grafica e poesia. Il suo segno distintivo, da sempre provocatorio e teso alla poetica, è l’essenzialità. Affascinato dalla luce, coglie il senso intangibile e variabile nello scorrere del tempo di alcuni elementi quali l’acqua, il vento, il mare, il cielo, che a loro volta riverberano un altro elemento fondamentale: lo spirito dell’Uomo.

NOSTOS

“Col sole dentro” è il mantra che anima tutto il lavoro recente di Giovanni Ronzoni, in questo tempo di buio e incertezza. La luce interiore, l’entusiasmo, il desiderio della scoperta hanno reso vivo e fertile ogni incontro del percorso di NOSTOS, arricchendo il dibattito collettivo. Con l’eclettismo che lo contraddistingue, nelle forme dell’installazione, del video, del leporello, del testo poetico, assemblando ritrovamenti marini, Ronzoni racconta in un unico site specific la circolarità e suggerisce con spirito parmenideo un ascolto più silenzioso del mondo naturale, dell’Eterno. “Sono tornato da dove ero partito” significa dunque praticare l’Essere con la consapevolezza che ogni partenza è già un ritorno al centro di sé, ogni approdo contiene in sé i prodromi di una nuova stagione. Lo strappo dell’ormeggio simboleggia l’intervento degli elementi o della volontà sulla stasi. Sassi come isole punteggiano questa azione poetica come testimoni perenni.

REBECCA SFORZANI

(1990) Dopo la Laurea in Educatore Sociale e Culturale all’Università di Bologna ha conseguito il diploma in Illustrazione all’ISIA di Urbino, partecipando al programma Erasmus a Barcellona.
Artista visiva la cui ricerca combina questioni sociali e attivismo, dando vita a progetti legati al contesto e alla dimensione partecipata. I suoi lavori indagano il conflitto, le questioni di genere e la sostenibilità ambientale e si concentrano sulla narrazione delle storie dei luoghi e di chi li vive.
Dal 2019 partecipa a mostre collettive e residenze artistiche in Italia e all’estero. Insieme a Valentina Monari ha creato il duo Tumbleweed, ideatore di progetti partecipativi in Turchia (2019) e opere ambientali in Russia e a Bologna (2019).

REFUSO

La ricerca di Rebecca Sforzani nasce da una riflessione sul linguaggio e sull’uso ingiustificato dei termini bellici utilizzati quotidianamente per descrivere il fenomeno pandemico. La leggerezza di alcune metafore ha accentuato il senso di frustrazione, rabbia, e impotenza. Da qui la volontà di elaborare un “ritorno” ai concetti, un tentativo di risignificazione, una presa di coscienza e posizione. Così la casa, simbolo del lockdown, diviene collettivamente abitabile: le pareti costituite da fogli di carta riciclata, realizzati con i giornali raccolti da amic* e parenti, richiamano la dimensione mediatica in cui abbiamo vissuto. Guardando con attenzione si possono leggere alcune frasi tratte da articoli originali. Nella riscrittura però l’artista dissolve i termini bellici nel tentativo di creare uno spazio in cui riconsiderarne il valore. L’invito a ricostruire una narrazione non mistificata e propagandistica.

BEATRICE CARUSO

(1995) Nasce a Bologna, dove vive e lavora. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Scultura (I livello) e Pittura – Arti visive (II livello), intraprende una ricerca sulla destrutturazione del paesaggio da un punto di vista soggettivo attraverso processi di videoarte e lavori pittorici che tendono all’informale. 
Dal 2015 partecipa a numerose collettive in Italia e all’estero, in particolare: la residenza artistica Michelangelo Reloaded II alla Fondazione Centro Arti visive di Pietrasanta (2018); Art City Bologna (2020); Abecedario d’Artista al Palazzo del Governatore di Parma – Capitale Italiana della Cultura (2021) e 1Minuto Festival di videoarte a Cuenca (E – 2021).

STUDIO PER UN PAESAGGIO MENTALE (MAPPA)

Nell’opera di Beatrice Caruso il ritorno assume la dimensione di un viaggio nel tempo. Così i paesaggi mentali affondano le radici in una ricerca passata ma non completamente esaurita. Un gioco di sovrapposizioni sia pittoriche che temporali, che lasciano il posto a cartografie arbitrarie e stratificate. L’immagine appare destrutturata in un complesso gioco di sfumature, cromatismi e livelli sedimentati nel tempo, in momenti differenti. Le sue mappe, incarnate, selettive e affettive, rinunciano alla lettura oggettiva per tracciare pensieri, desideri e sensazioni del vivere. Un’idea di paesaggio che riflette al tempo stesso lo spazio esteriore e quello interiore e lascia sulla tela le impronte di questo viaggio di ritorno.

 

ARIANNA MAESTRALE

(1996) Nasce a Genova dove vive e lavora. Si diploma in Pittura (I livello) presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, dove attualmente frequenta il biennio di specializzazione. La sua ricerca si concentra sulle relazioni tra il soggetto e l’oggetto della dialettica pittorica, indagando in particolare la smaterializzazione del corpo e la perdita di dati tra realtà sensoriale e digitale. Accanto alla produzione pittorica realizza installazioni ambientali e pratiche performative. 
Ha realizzato la prima personale per il progetto Opus & Light a Spoleto (2018). Partecipa a diverse collettive a Genova, Firenze, Albissola Marina e Sassoferrato (AN). Dal 2019 è co-fondatrice del collettivo curatoriale MIXTA.

OMAGGIO AI COSMONAUTI PERDUTI

La ricerca di Arianna Maestrale muove da alcuni aspetti caratterizzanti l’epoca contemporanea: l’immagine del corpo umano attraverso i dispositivi digitali, la decodificazione, la ritrasmissione di un segnale sensoriale e la significazione dell’immagine. Aspetti che all’interno del vasto universo virtuale hanno condotto l’artista a ricavare frame di sospensione dei corpi, momenti di trasformazione interrotti. Rappresentazioni che diventano testo da interpretare e rielaborare. In quest’ottica il Nostos esplora proprio questa dimensione: il “non-ritorno”. Un sentimento di smarrimento e dispersione, un senso di entropia, che caratterizza profondamente la sua visione del mondo. Un immaginario che ci conduce a riflettere sul concetto più profondo di “tornare” a un momento passato, spesso idealizzato, a volte mai esistito. Proprio come i cosmonauti perduti

GIULIA NELLI

(1992) Nasce a Legnano e si diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera. Artista della fiber art analizza la relazione uomo-ambiente, sia naturale che sociale. Lavora fisicamente sul materiale in un’operazione di rottura, scomposizione e ricomposizione e si concentra sul concetto di legami che, resi liquidi dai nuovi mezzi di comunicazione, necessitano di trovare nuovo senso nella realtà. La scelta del collant quale medium allude inoltre a una sfera femminile e a una narrazione intima.
Tra le numerosi collettive in Italia e all’estero – Rep. Ceca, Francia, Portogallo, Russia e Albania – si evidenziano: Rospigliosi Art Prize (2018), Miniartextil (2018) e Dentro lo specchio a cura dell’Istituto Italiano di Cultura e del MISP di San Pietroburgo (2020).
Nuova alba

VECCHIE E NUOVE FRAGILIA’ | NUOVA ALBA  | FORZA NELLE FRAGILITA’

Il viaggio di ritorno di Giulia Nelli assume la forma di una rinascita: un processo esperienziale che prende avvio dalla consapevolezza della fragilità umana e del singolo individuo. Così il nylon lacerato e ridotto all’essenza assume la forma di nuovi legami, di inaspettate connessioni e di trame riscoperte. Un’indagine personale e universale al tempo stesso sulla complessità delle relazioni umane e sulla rete di connessioni che compongono una comunità. Un immaginario che ne evidenza la bellezza e la vulnerabilità. Una ricerca della tensione tra il delirio di onnipotenza dell’uomo e la sua fragilità, in cui giungere alla coscienza che il progresso può “servire le persone e le comunità, senza rovesciarsi in una nuova logica sacrificale” (C. Giaccardi e M. Magatti).

 

GIULIA PELLEGRINI

(1990) Vive e lavora a Bruxelles. Dopo gli studi in Farmacia si diploma in Pittura e Arti visive (I livello) e Arti visive e Studi curatoriali (II lIvello) presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. La sua ricerca affonda le radici in una matrice scientifica e si concentra su temi legati al cambiamento, alla metamorfosi naturale e alla transitorietà della vita, prediligendo l’utilizzo del tessuto, delle bioplastiche e di materiali naturali.
Dal 2012 partecipa a numerose collettive in Italia e all’estero. Selezionata per la Biennale Internazionale di Arte Contemporanea – Jeune Creation Europeènne (JCE) il suo lavoro sta viaggiando tra Danimarca, Francia, Lettonia, Spagna, Portogallo e Italia (2020-21).

UTERO _ SENSORIALITA’ FETALE

Partendo dall’etimologia della parola, Giulia Pellegrini compie un viaggio temporale ed esperienziale. Una direzione che l’uomo non può più realmente intraprendere, un percorso verso una dimensione calda e accogliente nel quale sono nati i rudimenti della personalità: l’utero materno. Così l’esortazione “conosci te stesso”, massima religiosa greco antica che Socrate interpretò come uno stimolo a scendere nella propria interiorità, si incarna in quest’opera coinvolgendo lo spettatore in un percorso di riscoperta. Un lavoro che ritrova nella dimensione fluida, indistinta e buia la primaria condizione umana dell’essere avvolto, nutrito e contenuto; il momento in cui elaboriamo il primo legame sociale – con la madre – e al tempo stesso definiamo la nostra unicità – con i dermatoglifi. Una rivelazione intima e profonda del proprio io.

SONIA SCACCABAROZZI

(1969) Nasce a Vimercate, vive e lavora a Merate (LC). Dopo il diploma al Liceo artistico di Modena, dove sviluppa i propri canoni espressivi sotto la guida del Prof. AG Fronzoni, intraprende la professione di grafica per Electa.
Nel 1996 l’avvicinamento alla scultura e la scoperta della terza dimensione la porteranno a definire le fondamenta della propria produzione artistica. La sua ricerca indaga la materia – ferro, legno, cemento e carta – delineando connessioni simboliche in cui le contrapposizioni e le nuove valenze delineano con leggerezza e sensibilità i materiali. Espone in numerose mostre in Italia e Germania. Nel 2009 realizza la prima personale a Villa Gnecchi Verderio a Lecco. Nel 2017 pubblica il suo primo libro Imperfetti Equilibri.

NECESSITUDINES | L’ABBRACCIO | LEGAMI INATTESI | IN OGNI TEMPO

Avvezza ad accostamenti arditi di materiali diversi e capace di attribuire loro nuovi significati, Sonia Scaccabarozzi sa ribaltare la visione conferendo tenerezza e forzaemozionale a medium duri e difficili come il cemento, il ferro, ma anche la ceramica. Praticando la disconnessione dalla reale funzione dei mezzi utilizzati, in favore di uno spostamento psicologico sul piano della quotidianità, racconta la privazione dei gesti abituali dell’affettività: l’incontro, il ritrovarsi, l’abbraccio. Il tema della connessione oggetto della sua sperimentazione, qui vibra in un filo rosso teso a cucire e legare con stupore. Con quattro opere inedite perfettamente modulate nell’alveo della sua ricerca, affronta il tema del ritorno come liberazione nella partecipazione. E anche i ritrovamenti e i recuperi inseriti nelle opere proposte, sanno di vita nuova e nuovo respiro, dolcezza che conforta, leggerezza.

FRANCESCA TRAVERSO

(1972) Nasce a Genova, dove vive e lavora. Si forma in pittura, fotografia e arti sceniche. Dal 1997 si occupa di arte in ambito educativo e sociale: è mediatrice etnoclinica, formatrice e atelierista. Collabora con numerosi enti sul territorio nazionale. Dal 2014 è co-fondatrice dell’Associazione Il Limone Lunare che si occupa di creatività come azione sociale sviluppando la maieutica reciproca, pratica avviata da Danilo Dolci.
Dal 2016 realizza – in collaborazione con UNIGE, Centro D.Dolci PA, Casa Memoria Impastato di Cinisi PA, Centro Studi Medì GE e Centro Territoriale Mamut di Scampia NA – una ricerca-azione nazionale finalizzata a creare connessioni tra Genova, Napoli e Palermo sul tema della comunicazione e dei diritti.

L’ETERNORITORNO  | TORNARE-A | UN ALTRO SGUARDO

Il viaggio di Francesca Traverso assume connotazioni fiabesche e simbolismi mitico- rituali, caratteristiche della sua ricerca ispirata a quella storico-etnografica di De Martino, e indaga le relazioni tra visione immaginifica e il rapporto dell’uomo con la natura e i suoi ritmi. Piccoli frammenti di storie, di racconti di altri tempi, in cui la creatura umana diviene custode e cornice del ciclo vitale. Icone contemporanee che aprono a nuovi sguardi sul mondo, sulla circolarità del tempo e sul bisogno di ritrovare un equilibrio con la terra. Così l’andamento di questi racconti confonde, destabilizza e impone l’ascolto al mistero fuori dalle nostre traiettorie predefinite. Un risveglio lento, silenzioso e intimo, come il riemergere da una coltre di neve, per ritrovare dentro se stessi il calore, la protezione e il senso di appartenenza a un tempo altro e la possibilità di costruire relazioni attraverso nuovi e antichi sguardi.

GRAZIA INSERILLO

(1988) Nasce a Palermo, vive e lavora tra la Sicilia e Torino. Diplomata in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Palermo, attraverso il medium tessile indaga le proprie radici, ricercando l’aspetto antropologico del suo essere e del suo abitare. Ha realizzato personali al Museo Riso di Arte Moderna e Contemporanea di Palermo (2016) e al Museo San Rocco Arte Contemporanea di Trapani (2017). Partecipa a numerose collettive in Sicilia, a Milano, Trieste, Düsseldorf (D), Valencia (E), Torino e New York City (USA). 
Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra i quali il Premio FAM – Giovani Artisti Siciliani (2016), il Premio BID – Biennale Internazionale Donna (2017) e Paratissima Torino Best 15 Prize (2019). 

SCIALOMA

Quando il ritorno assume la forma di una sedimentazione lenta, silenziosa e introspettiva raggiunge una verticalità che affonda le radici nelle tradizioni natie. Una ricerca che pervade il lavoro di Grazia Inserillo, attraverso i caratteri della sua Sicilia, che qui ritrova le “scialome”: un misto tra canto di lavoro e preghiera tipico dei pescatori delle tonnare, che accompagnava e riuniva la fatica dei singoli. Così gli antichi canti responsoriali entrano nell’opera in simbiosi con l’azione ritmica del ricamo. In particolare la “scialoma à la fiminisca”, realizzata con il filo dorato, è la preghiera cantata dalle donne dei marinai, in attesa nelle loro case, in cui risiede tutto il grido malinconico con cui affidano le proprie speranze a entità superiori. Un sentimento del ritorno che custodisce in sé il simbolo della salvezza

SILVIA MAZZELLA 

(1993) Nasce a Genova, dove vive, studia e lavora. Dopo la Laurea triennale in fotografia allo IED di Milano e il Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea di Fondazione Modena arti visive, attualmente frequenta il Biennio di fotografia dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Attraverso il medium fotografico si sofferma sulla simbologia dello spazio interpersonale e sociale e sull’autodeterminazione dell’essere in relazione al contesto contemporaneo. Il suo autore preferito è Georges Perec. Espone in diverse collettive in Italia, in particolare presso Sala Dogana – Palazzo Ducale di Genova. Dal 2019 è co-fondatrice del collettivo curatoriale MIXTA.

 

A19 – E. CERCA UNA CASA DA AFFITTARE

La ricerca di Silvia Mazzella attraverso il mezzo fotografico si sofferma sulla simbologia degli oggetti con i quali traccia le coordinate del mondo esterno: fatti, persone e cose sono concatenati come in un romanzo di Perec. Così A19 è un contenitore visuale in microcosmi che riflette sullo spazio personale e sociale nel contesto contemporaneo. Il progetto, sviluppato dal 2015, si inserisce nel percorso di Nostos indirizzando l’indagine sul piano della costruzione delle relazioni emotive e familiari attraverso un’ontologia degli oggetti. E. Cerca una casa da affittare diviene così l’ultimo capitolo di A19: un’inaspettata conclusione a un contenitore utopico data dalla percezione di aver raggiunto attraverso un gesto rituale una prima fase di autodeterminazione, considerando saturo di senso il piano dell’assenza. Non resta che lasciare la casa e cercare nuove esplorazioni espressive.

ANNA OBERTO

Attiva dal 1958, anno di fondazione con Martino Oberto della rivista Ana Eccetera di filosofia astratta e linguaggio 0/10 (1958-71), Anna Oberto mette in atto operazioni sperimentali di analisi grafica del linguaggio in cui interagiscono parola e segno, significante e significato.
Esponente di primo piano del movimento di Scrittura Visuale, dal 1975 si inserisce nel gruppo Nuova Scrittura di Milano. Dal 1970 ha elaborato un discorso teorico e operativo sul tema del linguaggio al femminile. Presente alle Biennali di Venezia in Il libro come luogo di ricerca (1972) e Materializzazione del linguaggio (1978). Dal 1980 pratica i luoghi della performance, in spazi pubblici e privati. Dagli anni ‘70 è costantemente presente in numerose esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero, in gallerie e luoghi Istituzionali. 

LETTERA PER UN VIAGGIO

Da sempre interessata al linguaggio e alla pratica performativa, Anna Oberto presenta un progetto che è di per sé un’azione-modello. Attraverso la scrittura a mano di una lettera, il suo contributo si colloca nell’ambito della sua indagine sul rapporto tra parola e immagine. Una sfida anacronistica e ribelle che la riporta alla tematica del viaggio e del mare affrontata con la performance dagli anni 80. Il viaggio è soprattutto la partenza, l’andata, un percorso di consapevolezza e conoscenza verso mete nuove, oltre. È il tentativo di arrivare, attraverso il continuo superamento, verso un’Utopia di definitiva libertà creativa. La lettera è un viaggio da un indirizzo a un altro, che trasporta come una nave i desideri e le nostalgie, i sogni e le speranze di una nuova realtà futura. Con tono beneaugurante il testo è accompagnato da una foto d’epoca di mitici transatlantici illuminati, pronti a salpare dal porto di Genova.

LORENZO RAMOS

(1994) Vive e lavora a Genova. Diplomato in Pittura e Arti visive (I livello) presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, attualmente frequenta il Master in Pittura all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. La sua ricerca si concentra sui temi dell’abbandono e dello scarto, nel tentativo di dare nuovi significati a oggetti in disuso. In particolare, questo tentativo di ridare vita ai lasciti umani lo conduce a ricostruire legami antichi e arcaici con la terra, il mare e il paesaggio. Ha esposto in una mostra collettiva alla Fondazione Adolfo Pini di Milano (2016) e in Paesaggio in movimento alla Fondazione Matteo Oliviero di Saluzzo (CN – 2018).

PIEL

Nella pratica artistica di Lorenzo Ramos l’elemento del viaggio e del ritorno assume corporeità oggettuali. Un richiamo particolare verso gli oggetti abbandonati e/o trasportati dalla corrente: elementi materici che rivelano il proprio viaggio attraverso i solchi e le cicatrici superficiali. Così la sua attitudine alla riqualificazione e risignificazione deimanufatti si lega a un elemento narrativo: il castello di sabbia.

Un ritorno all’infanzia, interpretato non soltanto come abitudine giocosa ma come la manifestazione di una predisposizione umana, quasi da cantastorie, che inconsciamente ripercorre i secoli. Quell’inclinazione che ci porta a costruire fortezze in miniatura, nei luoghi per noi più consoni, per poi raccontarci mitizzazioni legate al luogo stesso e alla nostra creazione.

 

LIVIA UGOLINI

(1989) Nasce a Bologna, dove vive e lavora. Diplomata in Pittura (I livello) e Arti visive (II livello) all’Accademia di Belle Arti di Bologna, si specializza in Sostenibilità, sviluppo e design del prodotto ceramico presso la Fondazione Fistic di Faenza (RA). Il suo lavoro si muove dall’uso di tecniche di stampa manuale, alla ceramica, all’arte tessile, indagando su cosa trattiene e nasconde la memoria e quali fili si muovono quando questo accade: sentimenti, emozioni e ricordi sono i punti di partenza della sua ricerca.
Dal 2006 partecipa a numerose collettive in Italia e all’estero. Riceve diversi riconoscimenti, tra i quali il 7° Premio Internazionale Biennale d’Incisione Città di Monsummano Terme (PT – 2011) e il Premio Valcellina (2014).

CHIAVE DI LETTURA _ DIETRO PREGHIERA

Nel lavoro di Livia Ugolini la via del ritorno assume la dimensione intima e personale dell’ascolto, attraverso la memoria di chiavi arrugginite stampate su tessuto. Oggetti che simboleggiano il gesto di conservare, proteggere e racchiudere momenti di speranza, felicità, ma anche sofferenza. Le impronte suggeriscono così un continuo movimento silenzioso, echi d’aiuto, vibrazioni di perenne attesa e fiducia.

Ogni tela, in Chiave di lettura, è accompagnata da pensieri di vicinanza e di sostegno rivolti alle persone maggiormente coinvolte dal periodo del lockdown. Mentre Dietro preghiera evoca l’immaginario culturale del legame con il divino, aprendo un passaggio tra il mondo terreno e quello invisibile. Fiamme effimere che risplendono sia sul piano fisico che sul piano astrale.

Comunicato marzo 2021.

 

Gli artisti sono invitati a produrre una o più opere utilizzando linguaggi e medium a ciascuno consoni, in piena libertà, nel rispetto degli altri e in considerazione che lo spazio della galleria Lazzaro sarà distribuito dalle curatrici a ciascuno secondo criteri che consentiranno la giusta risonanza ad ogni opera.

Saranno coinvolti nel processo progettuale attraverso una serie di call conference conoscitive, in cui ciascuno racconterà il proprio progetto, modus operandi ed esperienze. La video-call sarà lo strumento con cui verificheremo insieme periodicamente l’avanzamento dei lavori anche in funzione dell’andamento Covid e relativi dpcm.

I singoli contributi degli artisti, resi collettivamente e nell’ interlocuzione personale con le curatrici, arricchiranno la traccia lanciata. I passaggi salienti di questo work in progress saranno registrati con l’obiettivo di realizzare un video e un testo cartaceo da presentare in occasione della mostra.

La mostra Nostos sarà inaugurata il 7 ottobre 2021 in occasione dell’evento START.

Le opere dovranno essere concluse, fotografate e documentate entro la fine di luglio 2021 e fatte recapitare alla galleria Lazzaro dal 15 settembre con tempistiche che stabiliremo più precisamente in itinere.

Durante lo sviluppo delle prime fasi del progetto saranno presentati gli artisti partecipanti. STAY TUNED!

 

Tutto scomparso, tutto cambiato

Mentre ritorno da un mio passato

Tutto è uguale, irreale

Lucio Dalla

 

Nostos [gr. Νόστος], ritorno, è un termine greco dalla forte valenza evocativa. Un’espressione in grado di riportare alla mente immagini di figure eroiche intente al superamento di prove e tentazioni, di viaggiatori spinti dal desiderio di tornare, di sentimenti malinconici, di storie di mare, di miraggi, memorie e affetti. Archetipo è Ulisse, controparte Penelope che statica nello spazio “naviga” interiormente definendo il ritmo dei suoi giorni.

Un itinerario in cui la dimensione temporale si incrocia con quella mnemonica, il muoversi nello spazio si emulsiona al flusso dei ricordi, le strade fisiche si mescolano ai percorsi della propria coscienza. Il tempo del ritorno rivela un carattere sfumato. Ci conduce a tracciare nuovi percorsi, definire mappe e trasformare le nostre geografie. I segni di questo vagare nel tempo e nello spazio emergono progressivamente, si innervano, evolvono, cambiano e ci conducono verso nuove narrazioni. Tornano alla mente le tracce della tradizione e delle origini, che assumendo caratteri inediti si fondono al pensiero corrente. Lo scorrere delle ore appare dilatato, quasi cristallizzato a cogliere i cambiamenti, i dettagli, in contrasto con la frenesia del moto. Una messa a fuoco lenta e costantemente mutabile.

Così come nella nostra dimensione attuale, mutevole e immobile al tempo stesso: una sorta di processo esperienziale, fisico e mentale, che ci conduce verso una maggiore conoscenza e coscienza di sé e che potrà essere compreso pienamente nell’istante in cui giungeremo al punto di partenza. Una volontà di riemergere in superficie, ritrovare realtà passate e scoprirne nuove. È giunto dunque il tempo di tornare.

Giulia Giglio

Giulia Giglio, (Sanremo, 1988) vive e lavora a Genova. Laureata in Architettura, ha collaborato con il gruppo di ricerca Re-cycle Genoa (UNIGE) e la Fondazione Renzo Piano. Dal 2018 è tra i fondatori del gruppo informale AGO architects e dal 2019 svolge attività di curatela e di organizzazione di eventi culturali per Paratissima, Linkinart ed Ellequadro Documenti.

Ti offro la mia essenza, salvata non so come,

quel centro del cuore che non tratta parole,

 non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo,

 dalla gioia o dalle avversità.

Jorge Luis Borges

 

Il progetto Nostos nasce dal desiderio profondo di sentire e comprendere questo tempo e di registrarne le sfumature più sottili attraverso la condivisione di ciò che abbiamo potuto elaborare individualmente durante questo viaggio verticale. L’impossibilità del movimento libero, del viaggio geografico, ci ha costretti a restare ancorati ad una zattera personale di sopravvivenza o ad un’immersione esplorativa di fondali che non avevamo ancora trovato il tempo o la necessità di scandagliare. Abbiamo visto cose, scoperto cambiamenti, ci siamo adattati, ci siamo modificati. Abbiamo visitato la privazione con tutto a disposizione, la distanza senza allontanarci, il distacco senza appartenenza. Abbiamo praticato il vuoto nel pieno, il silenzio nel rumore, il deserto nella città. La violenza del virus e l’aggressività della comunicazione ci hanno provvisto di nuovi limiti e gabbie, protezioni e barriere, a cui ci siamo lentamente assuefatti.

Siamo cambiati in questo viaggio da fermi? Cosa accadrà ora che la nostos-algia ci assale? Ora che avvertiamo il male del ritorno, la sofferente irrequietezza di riprendere le cose dove le abbiamo lasciate: lo spazio, l’attività, gli equilibri in cui eravamo “felici”.  E quello spazio adesso come è cambiato? E se nello spazio sperimentiamo la dimensione orizzontale del movimento, da un punto di vista temporale non c’è ritorno, ma progresso. E allora di cosa saranno fatti i percorsi futuri?

Si tratta dunque di un work in progress, un’indagine che procede dentro questo tempo, attraverso il sentire da artista, per riprendere in mano lo spazio da cui ci siamo allontanati e ricominciare a riappropriarcene, con la consapevolezza che niente sarà più come prima. Una riflessione anche sul ruolo, sulla funzione e le ragioni dell’arte [e i suoi sistemi], cercando di interpretare i cambiamenti attraverso la condivisione di visioni e prospettive. Percorsi e linguaggi diversi in dialogo in un progetto articolato in più fasi.

L’arte è davvero quel luogo in cui è tempo di tornare.

Maria Laura Bonifazi